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"La monarchia deve essere un punto d'incontro in una nazione per tutti i cittadini, per tutti gli interessi, per tutte le idee, anche le più diverse; deve essere un punto di riunione per tutti, perciò non può essere, rappresentare un partito.
La guerra però aveva diviso il paese in due parti: nel nord c'era la Resistenza e nel sud combatterono le forze regolari dello stato, e tutte quante per lo stesso ideale. Quelli che combattevano combattevano per la libertà; quelli che morirono, e nel nord e nel sud, morirono tutti per lo stesso ideale.
Io nella mia posizione, abbastanza difficile soprattutto da quando divenni luogotenente del regno, seguii con passione questa lotta di liberazione. Avevo incominciato partecipando alla battaglia di Montelungo, ma durante la seconda parte ebbi molte difficoltà ad accompagnare questa lotta, questa guerra, e per la mia stessa posizione di luogotenente del regno, e anche, lo posso dire, per la presenza in Italia delle armate anglo-americane e dei loro alleati e per la presenza delle commissioni anglo-americane; e tutto questo non facilitò la mia opera, non mi permise di fare forse quello che avrei potuto fare in più. Ma in ogni modo questo fa parte della storia.
La frazione fra il nord e il sud ebbe molta influenza nel referendum istituzionale del 2 e 3 giugno del 1946. Circa quella consultazione, fra l'altro, io ho sempre fatto le più ampie riserve sul modo in cui era stata preparata e sul modo in cui è stata eseguita. Un referendum, che è tipicamente una cosa democratica e una azione democratica, deve essere preparato ed eseguito nella massima libertà; senza intimidazioni, senza minacce, senza violenze; questo purtroppo non fu il clima, soprattutto nel nord dell'Italia, in quel momento. Voglio anche ricordare che per questo referendum non votarono più di 250.000 prigionieri, non votarono migliaia di sfollati dalle varie provincie per ragioni di guerra, non votarono le provincie della Venezia Giulia, non votò la provincia di Bolzano. Nonostante questo fu deciso il referendum: i dati ufficiali di allora diedero il voto contrario per la monarchia, con un 48% di voti favorevoli.
È diffìcile dare un giudizio su un periodo di avvenimenti veramente molto complicati. Io voglio lasciare questo giudizio agli storici, agli storici che, come Renzo de Felice, Giorgio Amendola anche ultimamente, mano a mano, gradualmente si sono ricreduti, hanno rivisto molte delle loro posizioni.
Gli eventi e del tempo di Carlo Alberto e del tempo mio ci hanno portato tutti e due qui in Portogallo, in questo paese che ci ha accolto veramente con molto affetto e con molta simpatia. Il mio trisavolo ha vissuto qui solo tre mesi, io trent'anni...
Cosa mi manca di più? Il mio paese."
Cascais, giugno 1976.
Testo tratto da: Casa Savoia. Diario di una monarchia.
Maria Gabriella di Savoia - Romano Bracalini.
Arnoldo Mondadori Editore.
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