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Gabriele D'AnnunzioVolo su ViennaPAG. 10/11
Volontari fiumani.
D'ANNUNZIO ENTRA A FIUME
Accolto dalla popolazione italiana in delirio, Gabriele d'Annunzio alla testa dei suoi legionari (278 in tutto, su una quarantina di camion) entra trionfalmente a Fiume a bordo della sua Fiat 501 rossa. Il consiglio nazionale rimette i poteri al "Comandante" il quale proclama solennemente l'annessione all'Italia della città che: «Come un faro luminoso... splende in mezzo a un mare di abiezione». La questione di Fiume, una delle più floride città dell'impero austro-ungarico (circa 50.000 abitanti di cui quasi la metà italiani) si trascinava da mesi sui tavoli della Conferenza per la pace di Versailles. Il Consiglio municipale della città, trasformatosi in Consiglio nazionale italiano di Fiume, ne aveva proclamato l'annessione "alla madre-patria Italia" fin dal 1918, poi la delegazione italiana a Parigi ne aveva chiesto l'annessione, scontrandosi con l'ostilità del presidente degli Stati Uniti. In attesa di una soluzione, Fiume era stata intanto occupata da contingenti militari delle potenze vincitrici. La tensione tra i reparti militari sfociava spesso in gravi incidenti fino a che la commissione interalleata aveva deciso di allontanare uno dei reparti più turbolenti, i Granatieri di Sardegna, che il 24 agosto avevano lasciato la città salutati da una grandiosa dimostrazione popolare. È a questo punto che d'Annunzio, poeta universalmente noto, leggendaria medaglia d'oro della Grande Guerra, protagonista della "Beffa di Buccari" e del volo su Vienna, decide di "liberare" la città: «Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'Unità d'Italia: Fiume o morte!». Per evitare incidenti, i reparti stranieri si imbarcano. L'occupazione di Fiume da parte dei legionari di d'Annunzio durerà fino a dicembre; nel 1920, con il Trattato di Rapallo, la città del Quarnaro sarà dichiarata Stato Libero; sarà assegnata all'Italia con il Fatto di Roma del 1924 e nel 1947 passerà alla Jugoslavia.
tratto da: STORIA ILLUSTRATA - settembre 1989.
| | | "Eja, eja, alalà".
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